Quante volte ci è capitato di sentirci dire che le produzioni televisive italiane – specie delle emittenti più note tra cui Rai e Mediaset – non riescono a essere all’altezza e neanche a sfiorare uno standard di qualità che le renda degne di essere viste con attenzione? Tante, forse troppe. Eppure l’Italia sforna contenuti interessanti che purtroppo non ricevono i giusti riconoscimenti e una meritata risonanza mediatica. Tra i casi più eclatanti di quest’ultimo periodo che cercano di invertire la rotta e liberarsi dall’etichetta dell’“anonimato italiano” è Mare Fuori, una produzione Rai creata da ideata da Cristiana Farina e Maurizio Careddu.
Raccontare la criminalità organizzata senza scadere in noiosi e monotoni cliché non è affatto semplice. Di storie simili ne sono state raccontate moltissime, ma forse un racconto che avesse come protagonisti dei ragazzi giovanissimi, minorenni per l’esattezza, all’interno di un Istituto di detenzione minorile, non c’era mai stato. O, per lo meno, non di questa potenza e intensità. Mare Fuori è l’intreccio di diverse linee narrative, diversissime per l’esattezza. Tanti fili e molti destini che difficilmente – in un’altra vita – si sarebbero potuti incrociare, riescono a convergere in un carcere, il luogo simbolo della privazione della libertà che però contrasta con l’immensità del mare che si vede dalle sbarre delle sue finestre.
Mare Fuori è la Voce di tutti i giovani ragazzi e ragazze che vivono questa reclusione forzata e che sono chiamati a riflettere sui propri errori, sulle proprie scelte sbagliate e sulle possibilità di redenzione che li aspettano una volta usciti, quando avranno una seconda possibilità. È la storia dell’adolescenza, così diversa per tutti loro e così simile al tempo stesso. Emozioni amplificate e spesso inesprimibili a parole oppure gesti impulsivi, sconsiderati e un po’ folli. Per raccontare realtà differenti – in concomitanza con i relativi contesti familiari di provenienza – Mare Fuori ci presenta due personaggi, Carmine Di Salvo e Filippo Ferrari.
I due ragazzi coetanei vengono arrestati lo stesso giorno e finiscono insieme in cella nell’IPM di Napoli. Il primo appartiene ad una famiglia camorrista napoletana dalla quale vorrebbe solo scappare per costruirsi un futuro onesto con la sua fidanzata Nina, il secondo invece è un giovane pianista della Milano bene, destinato ad un promettente futuro e ad una brillante carriera da musicista. Quello che stupisce di Mare Fuori è l’efficacia della sua sceneggiatura che ci permette di apprezzare tutta l’evoluzione dei rapporti tra i protagonisti non solo con gli altri detenuti ma anche con se stessi.
Prima di potersi aprire agli altri, i protagonisti di Mare Fuori aprono una finestra anche sulla propria interiorità, accettando i bui che spaventano e, nella migliore delle ipotesi, anche cercando di individuare anche solo un piccolo spiraglio di luce a cui aggrapparsi. Il viaggio è non solo relazionale ma anche e soprattutto personale. Solo quando uno di loro accetta di guardarsi dentro, allora anche il suo rapporto con il mondo circostante cambia e si fa più intenso.
Il concetto di amore in Mare Fuori
Mare Fuori riesce a raccontarci relazioni e legami che sono al tempo stesso connessi al contesto in cui sono nati e indipendenti da quest’ultimo. L’amore è comunque forte, potente, come quello dei giovani adolescenti. Ti prepara a fare follie, non sentire scuse e vuole sbarazzarsi della razionalità. Così come l’amicizia che lega alcuni dei personaggi di questa storia va al di sopra di tutto, al di là delle differenze abissali, linguistiche, culturali.
Ognuno di loro non abbandona mai la sua essenza e, contemporaneamente, si trasforma inesorabilmente perché dopo questa esperienza niente potrà più essere lo stesso. Le promesse fatte, le bugie dette, gli sguardi scambiati: tutto è diverso una volta varcata la soglia dell’IPM. A dimostrarlo non sono solo i giovani ragazzi e ragazze ma anche le loro guide, gli educatori come Beppe e Il Comandante Massimo. A cambiare la propria visione delle cose è anche la nuova preside Paola, toccata profondamente dalle situazioni vissute a contattato con il dolore e la difficile gestione di ogni dinamica che avviene tra i ragazzi.
Questa serie si rifiuta di assecondare il bisogno di far trionfare il Bene ad ogni costo per assecondare gli standard del pubblico per cui è stata concepita perché punta a qualcosa di più. Durante la storia raccontata episodio dopo episodio, sperimentiamo la difficoltà del contesto, intrisa di cultura della violenza, dell’omertà e di assurdi comportamenti concepiti come naturali e assodati, nell’ottica di una criminalità organizzata che non conosce età.
Mare Fuori – al contrario di ciò che potrebbe sembrare a chi non si è soffermato bene a comprenderla – non è la storia di una Napoli rassegnata o di una città che si è arresa. Bensì quella che, al contrario, anche nella peggiore delle circostanze e delle brutture della mafia, riesce a trasmetterci speranza. Da questo punto di vista, la sigla ha contribuito in gran parte a far girare la serie sui social e ad aumentare in maniera esponenziale in numero dei suoi spettatori.
Nun te preoccupa’ guaglio’, ce sta o’ mar’ for’ ce sta o’ mar’ for’, ce sta o’ mar’ for’
Arret’ ‘e sbarr’, sott’ o’ ciel’ ce sta o’ mar’ for’ ce sta o’ mar’ for’, ce sta o’ mar’ for’
Non importa se siamo dietro le sbarre, ma c’è un unico cielo sotto cui possiamo unirci e soprattutto un orizzonte a cui rivolgere i nostri sguardi: il Mare è lì fuori che aspetta. Lui non ha fretta, non segue le logiche e i tempi degli uomini ma è lì, che non si ferma e aspetta solo il momento giusto per prenderti e portarti con se, in un viaggio che supera i confini e ti permette di sognare di essere chiunque tu voglia essere, di trasformarti ed evolverti. Con lui, grazie a lui.